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Il blog di Alessandro Capriccioli

Italians do it better

Tempo di lettura: 7 minuti

Istruzioni per l’uso: ho giustapposto gli stralci più significativi dei provvedimenti emessi nel ventennio contro i cosiddetti “forestierismi” (i primi cinque blocchi) alle corrispondenti prescrizioni contenute nella proposta di legge Rampelli, di cui si è molto parlato in questi giorni (l’ultimo blocco).

Non deduco alcunché, da un lato perché sono convinto che i lettori siano perfettamente in grado di desumere quello che c’è da desumere senza bisogno del mio aiuto, dall’altro perché ritengo che in casi come questo non sia neppure necessario desumere. È sufficiente leggere.

Regio Decreto 11 febbraio 1923, n. 352, “Applicazione della tassa sulle insegne”:

Articolo 4

Quando si tratti di insegne in lingua straniera l’apposizione della tassa è obbligatoria ed è fatta in misura quadrupla a quella che, per ciascuna categoria di Comuni, è indicata all’articolo precedente, con un limite di lire cento per insegna.

Regio Decreto-Legge 5 dicembre 1938, n. 2172, “Denominazione dei locali di pubblico spettacolo”:

Articolo 1

È vietato che i locali adibiti o da adibire a pubblici spettacoli o comunque destinati a pubblico divertimento come teatri, cinematografi, teatri di varietà, sale da concerto e da ballo e simili siano denominati con nomi stranieri.

Regio Decreto 9 luglio 1939, n. 1238, “Ordinamento dello stato civile”:

Articolo 72

È vietato di imporre al bambino lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi, un cognome come nome, nomi, e per i figli di cui non sono conosciuti i genitori anche cognomi, ridicoli o vergognosi. o contrari all’ordine pubblico, al buon costume o al sentimento nazionale o religioso, o che sono indicazioni di località o in generale denominazioni geografiche e, se si tratta di bambino avente la nazionalità italiana, anche nomi stranieri.

Legge 23 dicembre 1940, n. 2042, “Divieto dell’uso di parole straniere nelle intestazioni delle ditte e nelle varie forma pubblicitarie”:

Articolo 1

È vietato l’uso di parole straniere nelle intestazioni delle ditte industriali o commerciali e delle attività professionali.

Articolo 2

È vietato l’uso di parole straniere nelle insegne, nei cartelli, nei manifesti, nelle inserzioni ed in genere in ogni forma pubblicitaria, con qualunque mezzo effettuata.
Gli avvisi, i cartelli, le liste ed in genere ogni scritto, esposti all’interno dei locali pubblici o di commercio, devono essere redatti in lingua italiana.

Articolo 5

I contravventori alle disposizioni della presente legge sono puniti con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a lire 5000.

Regio Decreto 26 marzo 1942, n. 720, “Norme integrative della Legge 23 dicembre 1940, n. 2042, divieto dell’uso di parole straniere nelle intestazioni delle ditte e nelle varie forma pubblicitarie”:

Articolo 3

La Reale Accademia d’Italia, sentito il parere di una apposita Commissione da essa nominata, determina quali parole straniere possano ritenersi acquisite alla lingua italiana o in essa tollerate; suggerisce, inoltre, i termini italiani da sostituire a quelli stranieri di più largo uso.

Proposta di Legge 23 dicembre 2022, n. 734, Rampelli ed altri: “Disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana e istituzione del Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana”:

Articolo 2

La lingua italiana è obbligatoria per la promozione e la fruizione di beni e di servizi pubblici nel territorio nazionale.
Gli enti pubblici e privati sono tenuti a presentare in lingua italiana qualsiasi descrizione, informazione, avvertenza e documentazione relativa ai beni materiali e immateriali prodotti e distribuiti sul territorio nazionale.
È vietato l’uso di parole straniere per indicare attività commerciali, prodotti tipici, specialità e aree geografiche di denominazione italiana.
L’indicazione delle attività commerciali, dei prodotti tipici, delle specialità e delle aree geografiche di denominazione italiana, riportata in lingua straniera su merci destinate al mercato internazionale, deve essere accompagnata dalla corrispondente denominazione italiana.

Articolo 3

Ogni tipo e forma di comunicazione o di informazione presente in un luogo pubblico o in un luogo aperto al pubblico ovvero derivante da fondi pubblici e destinata alla pubblica utilità è trasmessa in lingua italiana.

Articolo 4

Chiunque ricopre cariche all’interno delle istituzioni italiane, della pubblica amministrazione, di società a maggioranza pubblica e di fondazioni il cui patrimonio è costituito da pubbliche donazioni è tenuto, ferme restando le norme sulla parificazione delle lingue adottate dagli statuti speciali delle regioni autonome e delle province autonome di Trento e di Bolzano, alla conoscenza e alla padronanza scritta e orale della lingua italiana.
Le sigle e le denominazioni delle funzioni ricoperte nelle aziende che operano nel territorio nazionale devono essere in lingua italiana. È ammesso l’uso di sigle e di denominazioni in lingua straniera in assenza di un corrispettivo in lingua italiana.
I regolamenti interni delle imprese che operano nel territorio nazionale devono essere redatti in lingua italiana.

Articolo 7

Presso il Ministero della cultura è istituito il Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana nel territorio nazionale e all’estero.
(…)
Il Comitato di cui al comma 1 promuove:
(…)
d) l’arricchimento della lingua italiana allo scopo primario di mettere a disposizione dei cittadini termini idonei a esprimere tutte le nozioni del mondo contemporaneo, favorendo la presenza della lingua italiana nelle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
e) nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, forme di espressione linguistica semplici, efficaci e immediatamente comprensibili, al fine di agevolare e di rendere chiara la comunicazione con i cittadini anche attraverso strumenti informatici.